Aumento dei costi di energia e dei materiali, così in provincia di Treviso rischia di chiudere una scuola paritaria su dieci

Il futuro delle 207 scuole dell’infanzia paritarie della provincia di Treviso potrebbe essere messo a repentaglio.

L’aumento dei costi energetici, insieme a quello dei materiali didattici e degli stipendi del personale per il rinnovo del contratto nazionale Fism, sta portando a un aumento generalizzato delle rette, tanto che, anche per colpa della denatalità, secondo una prima stima il 10% di queste scuole potrebbe chiudere con il prossimo anno scolastico.

E per sempre. la minaccia Secondo una ricerca interna di Fism Treviso, per poter affrontare tutti gli aumenti prospettati e non rischiare la chiusura oltre a un bilancio in perdita, le paritarie dovrebbero aumentare tutte le rette di 30 – se non 40 – euro al mese per alunno.

Un aumento che, oltre ad essere considerevole, potrebbe riguardare buona parte delle famiglie con bambini tra i 3 e i 6 anni. La Marca infatti è una delle provincie italiane con più alto numero di paritarie: conta oltre 13 mila alunni frequentanti queste scuole dell’infanzia, il 70% del totale di tutti i bambini, visti infatti gli appena 5000 alunni iscritti alle scuole dell’infanzia statali. il salasso Le famiglie saranno in grado di far fronte agli aumenti?

«Queste sono scuole di comunità, nate per prendersi cura soprattutto dei bambini più piccoli e bisognosi» spiega Simonetta Rubinato, presidente provinciale della Fism Treviso, «Stiamo attraversando un momento cruciale per le nostre scuole, il futuro è incerto» Secondo la presidente, il significativo aumento dei costi energetici e il rinnovo del contratto collettivo nazionale della Fism, scattato a settembre, avrebbero dovuto comportare un aumento annuo tra i 300-400 euro per bambino, ma le scuole stanno cercando di non pesare così tanto sulle famiglie: la maggior parte ha maggiorato le rette “solo” di 10-20 euro al mese.

«Le rette che stanno aumentando sono parziali rispetto alle esigenze perché le scuole dell’infanzia si rendono conto delle difficoltà delle famiglie e anche perché continuano a mantenere lo spirito di solidarietà e no profit originario. E così sono tutte in perdita, le parrocchie assorbono l’aumento dei costi» dice Rubinato, «Pochissime scuole propongono rette al di sopra dei 200 euro, ma questo si traduce in un bilancio in perdita per tante di loro e delle parrocchie che le supportano. Una scuola che ogni anno va in perdita non diventa più sostenibile».

A questi problemi si aggiunge la denatalità, fenomeno in costante aumento, e di conseguenza la diminuzione delle iscrizioni. E ciò comporta il taglio delle sezioni, il bisogno di meno insegnanti, meno entrate per le scuole perché più bambini sono iscritti e più si possono ammortizzare i costi fissi. E quindi con meno iscrizioni i costi fissi aumentano. le convenzioni «Stiamo lavorando molto sulle convenzioni con i Comuni, vogliamo continuare a garantire il servizio, ma per la sua sostenibilità servirebbe un contributo dignitoso. Secondo i nostri calcoli un contributo del Comune di 700 euro a bambino è appena sufficiente per supportare le paritarie.

Il problema è che oggi un terzo dei Comuni danno un contributo al di sotto di questa soglia minima. Basta pensare che un alunno di una scuola dell’infanzia statale costa ai contribuenti circo 8 mila euro, mentre il costo di un alunno di scuola paritaria è di 3800 euro: il resto che manca a coprire la spesa viene coperto da contributi pubblici solo in parte, circa 1600 euro, il resto è in carico alle famiglie».

La soluzione secondo Rubinato dovrebbe derivare da leggi regionali, pensate ad hoc, essendo il Veneto la prima regione in Italia per paritarie: «Oggi il sistema non resiste più se il pubblico e la Regione non prendono in mano il timone della faccenda». 

Fonte: tribunatreviso.gelocal.it

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